OTTOBRE: il mese della tranquillità

“Ed ecco questa strana sensazione di vicolo cieco che comincia a prendermi ai quattro punti cardinali dell’organismo e ad annodarsi al centro” scriveva Jean Cocteau in un magnifico libro dal titolo “La difficoltà d’essere”. Per anni l’ho portato con me, scartabellando di tanto in tanto quella pagine ingiallite e piene di  appunti, trovando sempre qualcosa su cui valesse la pena soffermarsi a ragionare.

Oggi, che alle quattro del mattino sono alla scrivania, invece che nel letto e provo a buttar giù qualcosa sulla “tranquillità”, quelle pagine tornano alla mente e come bolle d’aria dal fondo del mare nuotano alla superficie.

Uno dei mali dei nostri tempi? Lo “stress” e cioè la condizione per cui chiediamo al nostro corpo e alla nostra mente di fare degli sforzi superiori alle possibilità e per tempi tali da produrre squilibri e dunque malattia.

Lo sottovalutiamo, perché non lo vediamo arrivare e perché l’imperativo dei nostri giorni è quello di essere sempre pronti, sempre attivi; così, quando lo “stress” ci tiene svegli di notte o ci fa “ballare il cuore”, quando ci toglie il sorriso e ci annuvola i pensieri è già lì, seduto accanto come un fedele compagno.

Fenomeno, quello dello stress, tipico del nostro tempo che “congiura contro l’individuo, il quale non fa che aumentare il suo individualismo” e chiudersi in piccole e brutte scatole fatte di cemento, piene di oggetti inutili comprati grazie a gesti compulsivi che sedano per pochi istanti il bisogno di soddisfazione che tutti abbiamo represso. Tutti possono accedere a “magnifici device” che sono in grado di connetterci al mondo intero, solo che questa è una connessione virtuale, per l’appunto irreale, che ci isola ancora di più. Forse la solitudine, dovremmo combattere, l’assenza di umanità che ci fa pensare di vivere senza guerra solo perché la guerra non sembra essere dentro le nostre case. Ma non è guerra anche quella a cui assistiamo ogni giorno? Guerra per il lavoro, per i figli, per la scuola, anche per il parcheggio, addirittura per conquistare il banco del bar e bere il caffè coi gomiti appoggiati. Non è guerra quella dei centri commerciali aperti 24 ore su 24 con contratti di lavoro a sei mesi? La guerra degli sconti, dei saldi, del “mercato libero” e della comunicazione.

Voi direte, ma a chi la staremmo facendo tutta questa guerra? Alla nostra intelligenza, vi rispondo, che ci vorrebbe umani, liberi e felici. Perché se c’è una cosa che ci accomuna tutti cari amici, è l’istinto a non soffrire, dunque ad essere felici, l’istinto a non morire, dunque alla vita.

Il primo passo per la tranquillità è recuperare gli istinti, i tempi, la naturalità, come quando ci si ferma per mangiare o, dopo aver faticato, semplicemente si RIPOSA.

Dobbiamo imparare a riconoscere che abbiamo dei limiti e soprattutto una “scadenza”, un “tempo” da usare al meglio per le cose più importanti della vita che sono essenzialmente due: la vita stessa e gli affetti.

Una indicazione sul percorso da fare ce la regala Italo Calvino nelle “Città invisibili”: “Cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

Detto questo, cari amici vicini e lontani (come diceva il caro Nunzio Filogamo) vi aspetto alla prossima News letter e, se vorrete, in Farmacia.

Con “tranquillità”.

 

Paolo Pallante

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