Le erbe indiane

I rimedi ed erbe ayurvedici, o erbe indiane, vengono utilizzati fin dall’antichità come elisir di bellezza per la cura e la bellezza della pelle e dei capelli.

Le erbe indiane sono da sempre il segreto della lucentezza e forza delle chiome delle donne indiane. Sono ricche di antiossidanti, vitamine, minerali, che rinforzano radici lunghezze e punte senza ricorrere ad additivi, siliconi e agenti chimici aggressivi e possono:

  • Tingere la pelle e i capelli (l’erba tintoria per eccellenza è la lawsonia inermis, o hennè puro)
  • Detergere e purificare pelle e capelli
  • Eliminare la forfora
  • Ridurre infiammazioni e prurito
  • Ridurre la caduta dei capelli
  • Favorire la crescita dei capelli
  • Ritardare l’incanutimento
  • Regolarizzare la produzione sebacea di pelle e cuoio capelluto
  • Volumizzare, illuminare, nutrire e rinforzare i capelli

Le erbe ayurvediche si presentano in polvere (ricavata da varie parti della pianta, foglie, frutti o radici), la cui granulometria varia a seconda della tipologia di erba ayurvedica.

Per prepararle è sufficiente mescolare le polveri a dell’acqua tiepida, creando un composto dalla consistenza cremosa.
Queste erbe possono essere mescolate a piacere, a seconda di quale risultato si desidera ottenere: ad esempio alcune erbe sono indicate per rinforzare il capello, altre conferiscono luminosità, altre sono tintorie e altre ancora sono lavanti, condizionanti o volumizzanti.

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La famiglia delle erbe ayurvediche è davvero vasta, vedremo insieme due delle più note, l’Henné ​e il ​Fieno greco​. 

Henné: caratteristiche della pianta e cenni storici

La Lawsonia inermis, il vero henné o henna, pianta originaria dell’Oriente (Lawsonia alba o inermis, famiglia Litracee), le cui foglie contengono insieme a tannini, zuccheri ecc. una sostanza colorante rossa, il ​lawsone​.

Noto a tutti come henné, henna o mehndi, la ​Lawsonia inermis​ è un arbusto spinoso di cui si raccolgono le foglie, che, successivamente, vengono fatte essiccare e poi sminuzzate fino a ottenere la polvere colorante che tutti conosciamo, si tratta di un colorante dalla antichissima tradizione di impiego.

Non abbiamo idea di quando per la prima volta l’henné venne utilizza per decorare il corpo ma alcuni reperti fanno pensare che si tratti di almeno 5000 anni fa. I Romani consideravano gli Egiziani dei maghi e questo derivava in gran parte dall’uso che questi ultimi erano in grado di fare dei rimedi naturali, in primo luogo le piante, non solo per fini curativi. Il papiro di Ebers è un esempio evidente di tale enorme conoscenza, 108 pagine piene di indicazioni sull’uso delle piante, dalla cura delle malattie fino a come comportarsi in gravidanza. Si tratta di un documento che costituisce la prima opera tramandata di Botanica Farmaceutica, sebbene ritrovata sembra in circostanze avventurose perché estratto, da parte dell’acquirente inglese Ebers, dalle gambe di una mummia egiziana a seguito delle indicazioni di un ambiguo commerciante egiziano. La parte relativa all’henné è interessantissima e rivela la grande conoscenza che gli Egizi possedevano dell’henné. Si tratta di un vero e proprio trattato, con descrizione delle varie materie prime e delle loro condizioni in relazione alle condizioni ambientali, indicazioni precise per ottenere la colorazione, vari impieghi ed utilizzazioni, comprese numerose di tipo medicinale. Molte delle indicazioni sono ancora di grande attualità, interesse ed utilità. In ogni caso, il papiro sarebbe stato scritto intorno al 550 a.C. a Tebe e si trova attualmente all’Università di Lipsia. Molti pensano che il papiro sia in pratica nient’altro che un semplice elenco delle piante medicinali che venivano impiegate nell’antico Egitto. Al contrario dalla lettura si evince che si tratta di un documento complesso e pieno di importanti informazioni, da poter considerare un’antica Farmacopea, che comprende anche minerali e parti di animali, ma anche comportamenti ed avvertenze. Primeggiano le piante con circa 400 specie. Di ciascuna pianta vengono riportate informazioni sulla materia prima e le modalità di impiego, corrispondenti a 876 rimedi. Particolarmente interessante il capitolo dedicato all’henné, che riporta almeno sette differenti tipi, enunciati e catalogati sulla base di una serie di documentate informazioni, dal luogo di crescita e di provenienza, alle parti impiegate, fino agli usi ed alle preparazioni, includendo eventuali altri ingredienti. Queste informazioni erano considerate di grande importanza per il corretto uso dell’henné. E così possiamo leggere che un suolo fertile e condizioni di umidità producevano un henné con potere colorante minore, attualmente diremmo con minore contenuto in principi attivi, mentre un clima secco e un suolo ricco di ferro danno un risultato opposto. Queste indicazioni sono state confermate dalle moderne ricerche. Quindi ritroviamo negli scritti degli antichi Egizi i principi fondamentali della farmacognosia: in primo luogo quanto l’influenza delle condizioni ambientali siano fondamentali per la qualità del materiale di partenza. La seconda informazione riguarda la droga, ovvero la selezione della parte della pianta da utilizzare. Inoltre, quanto la preparazione finale del prodotto finale debba essere adatta ad ottenere gli effetti desiderati. Sappiamo quindi dagli studi sulle mummie che l’henné veniva usata nella pratica di mummificazione sotto forma di olio e che le mummie venivano ringiovanite colorandone i capelli, come nel caso di Ramsete III, perché risulta che da giovane fosse biondo. Ancora altre informazioni emergono dal passato. Una piccola tavoletta, rinvenuta nell’antica Ugarit (antica città orientale situata pochi chilometri a nord della città moderna di Latakia in Siria) ci informa dell’uso dell’henné nella pratica medica: “in caso di dolore, un avvolgimento curativo di henné, esaurisce la malattia.

Gli usi dell’henné attraversano i secoli, seguendo in gran parte il destino delle altre piante medicinali. Per capire il fenomeno bisogna dividere attentamente quanto avvenuto in Occidente ed in Oriente. Dopo un lungo periodo di oscurantismo, in Europa l’henné ebbe un momento di netto impatto con il movimento estetico e le arti in generale, nel fenomeno dell’Orientalismo che si espresse in Inghilterra nel secolo XIX, a partire dal fascino dei capelli tinti di rosso, in opposizione alla tradizione culturale inglese che considerava questo colore dei capelli poco attraente, quale ulteriore denigrazione della gente d’Irlanda. E così la tipica feticizzazione dei capelli rossi da parte dei pre-Raffaelliti. Dall’altra parte del canale, i pittori impressionisti resero popolare la connessione del fascino tra i capelli di colore rosso e la vita bohemienne. A partire da quel periodo, una pletora di artisti, rock stars, cantanti, attori hanno infiammato i loro capelli con l’henné, facendo da modello per schiere di seguaci. I differenti nomi con cui viene denominata la pianta nelle lingue antiche e moderne (hina, henna, Egyptian privet) sono la testimonianza più evidente della sua ampia distribuzione, che si accompagna agli usi tradizionali in moltissimi paesi. In Oriente, l’impiego dell’henné non fu mai abbandonato, in quanto strettamente legato alla cultura locale ed alla religione, principalmente in occasioni speciali e nei cerimoniali. In tanti luoghi del Medio Oriente, gli uomini dipingono i loro capelli e le loro barbe, mentre le donne, incoraggiate dalla religione, colorano di rosso unghie e dita per evidenziare la loro femminilità. Là dove cresce la pianta si celebrano in questo modo battaglie, nascite, circoncisioni, compleanni, persino gli animali preferiti, ma soprattutto si esprime il massimo del fascino nei matrimoni. Tra le popolazioni umane dei Giudei, Mussulmani, Sikh, Indu e Zoroastriani, nella notte prima delle nozze, detta anche notte dell’henné, la sposa adorna il proprio corpo fino a renderlo al massimo speciale e desiderabile, secondo l’antico rituale. In tutte queste culture, così diverse, henné è sinonimo di gioia speciale. Il dorso e il palmo della mano sono considerati i siti migliori per il tatuaggio nelle culture orientali. In questo modo è possibile esaltare la chiralità delle mani, utilizzando complicati disegni ad immagine speculare.

Preparazione dell’henné

La preparazione dell’henné consiste in una reazione chimica, ovvero nella trasformazione di uno o più costituenti della materia prima nel principio attivo necessario per ottenere gli effetti richiesti. Nel caso dell’henné, abbiamo due principali utilizzi, il tatuaggio e la tintura dei capelli, con relative diverse preparazioni.

Nella decorazione del corpo la polvere delle foglie essiccate deve essere mescolata con una soluzione acquosa (meglio se debolmente acida). Si ottiene in questo modo una pasta più o meno densa dove a volte emergono in superficie i cristalli del principio attivo.

Le colorazioni tipiche dell’henné sono tendenti al rosso, con sfumature dal rosso fuoco all’arancione, per la colorazione dei capelli, la polvere è mescolata con acqua calda per ottenere anche questa volta la pasta, che può essere miscelata con succo di limone, tè o altri liquidi leggermente acidi, dopo di che il tutto viene coperto e lasciato a riposare fino ad ottenere un prodotto che abbia la consistenza di un semolino. Si applica sui capelli e si copre il tutto con una cuffia di plastica. La pasta deve agire per diverse ore, con un minimo di 45-60 minuti, il tempo necessario perché possa fissarsi permanentemente. Infine si lava via la pasta, solitamente con acqua tiepida, sebbene l’uso di acqua calda o bollente può funzionare se si vuole ottenere una colorazione più scura.

Fieno Greco

Fieno greco (Methi) deriva dal termine latino Foenum-graecum, o fieno greco. Il fieno greco è un’erba annuale originaria dell’Asia e dell’Europa meridionale.

Pianta: il fieno greco o Methi è una pianta aromatica che cresce eretta con dimensioni che variano da 1 a 2 piedi circa (30-60 cm).

Fiori: i fiori di Methi sono di colore bianco giallastro o talvolta bianco con cinque petali.
Foglie: ha il tipico carattere distinto appartenente alla famiglia delle Fabaceae. Le sue foglie sono pennate e trifogliate; decidue durante la stagione secca o durante l’inverno.

Semi:i semi crescono all’interno di un guscio lungo circa sei pollici. Le conchiglie vengono prodotte dal fiore e sembrano fagiolini, ma i frutti di Methi crescono verticalmente a differenza dei fagiolini. Ci sono circa 10-20 semi duri e allungati in ciascun baccello; sono gialli lisci e opachi. I semi sono di forma romboidale con un canale profondo che scorre diagonalmente da un lato all’altro separando ogni seme in due parti. Le dimensioni dei semi sono variabili; un seme più grande può essere lungo circa 2-5 cm. I semi immersi in acqua diventano mucillaginosi, contengono elevate quantità di proteine ​​e fibre. Sono per lo più raccolti durante l’estate e l’inverno (autunno).

Methi​, conosciuto come “fieno greco”, è una delle più antiche piante medicinali della storia e venne utilizzata in tutto il mondo per vari usi. La descrizione della pianta methi è stata anche trovata un libro medico egiziano “papiro di conoscenza delle erbe” risalente al 1550 aC.

Il fieno greco è chiamato Methika in Ayurveda; è stato usato come medicina per migliaia di anni per il trattamento di artriti, ferite, ascessi, bronchiti e per vari disturbi digestivi fin dall’antichità.
Il fieno greco (chiamato anche methi) viene usato in cosmesi per combattere la caduta dei capelli. Li rende voluminosi e setosi e ne promuove la crescita, grazie all’alto contenuto di fitoestrogeni.

Sulla pelle ha proprietà rassodanti, emollienti, antismagliature e antirughe. ​Perfetto come impacco per donare elasticità e turgore al seno.
Utile anche in caso di brufoli o foruncoli, in sinergia con il neem per normalizzare la produzione di sebo.

Ha un profumo speziato, dai sentori di liquirizia ed è adatto per essere miscelato ad altre erbe, per donare una nota piacevole.

Modo d’uso:

  • Aggiungere circa 125 ml di acqua per ogni cucchiaio di methi
  • Lasciare riposare per tutta la notte e ricontrollare il giorno dopo se il composto risulta abbastanza idratato. Deve risultare omogeneo e senza grumi
  • Se risulta grumoso, e quindi non propriamente idratato, aggiungere fino a un massimo di un bicchiere d’acqua e farlo riposare ulteriormente per un’ora
  • Eventualmente si può usare un mixer per frullare il composto e ottenere una texture ancora più liscia
  • È importante idratare bene il methi, altrimenti assorbirà l’acqua dai capelli rendendoli secchi anziché idratati

NOTA: Evitare in gravidanza

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